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Come armonizzare le visioni di lungo e breve periodo?

Martedì 7 novembre 2017 si è svolto un nuovo incontro del ciclo Servant management  con una riflessione del dott. Andrea Pezzi – Direttore Innovation & New Business Solutions at UnipolSai Assicurazioni SpA sul tema “È possibile trovare il giusto trade off tra la visione di lungo periodo e le visioni di breve imposte dagli stakeholder? Come?” Moderatore è stato il dott. Massimo Salza.

Andrea inizia mettendo sul piatto alcune parole chiave: Responsabilità, Cultura, Fatica, Business, Valutazione, evidenziando subito che l’Equilibrio nella visione è un vero trade off tra numerosi aspetti della vita professionale e di quella privata.
È necessario infatti bilanciare bene le scelte in base alla fase di vita personale e professionale che stiamo vivendo e al momento storico in cui la nostra azienda si trova, e mixare il numero di iniziative o progetti facendoli ricadere in modo “equilibrato” in entrambe le casistiche, mettendo la propria visione personale nel linguaggio dei risultati, che è quello che parla il business.
È innegabile che perseguire obiettivi di breve periodo permette di dare subito agli stakeholder evidenza dei risultati raggiunti, ma dall’altra parte è lecito chiedersi che tipo di obiettivi si stiano raggiungendo in poco tempo. È allo stesso tempo innegabile che lavorare su obiettivi di lungo periodo dia la possibilità di pianificare risultati di un certo livello, ma impone di chiedersi come rendere sostenibile il lavoro dal punto di vista economico e non solo.
Oggi è sempre più difficile darsi obiettivi a medio termine e ancor più complicato pianificare i risultati nel lungo periodo con una visione che vada oltre i 3 anni.
Certamente le cause sono sia la trasformazione dei contesti economici, l’instabilità dei mercati e la velocità con cui si modificano, anche radicalmente, gli scenari; sia la difficoltà a gestire le resistenze di chi vorrebbe risultati immediati, come coloro che vorrebbero subito veder realizzati i frutti dei propri investimenti o del proprio lavoro, o di coloro che non hanno una naturale predisposizione al cambiamento e fanno resistenza (con quest’ultimi, spesso, l’unica soluzione è “lo strappo” con cui trascinarli e sperare che possano capire l’utilità del cambiamento vivendolo). Sono dinamiche difficili da gestire e che richiedono molta forza interiore per viverle.
La cosa importante è essere sempre in movimento, essere una fucina di idee e progetti; la velocità del movimento dipenderà – anche – dalla velocità delle persone che ti circondano, in particolare di quelle che sarai riuscito a coinvolgere.
Strategia e tattica, breve e lungo periodo, sono due binomi che portano intrinsecamente con sé tanti benefici quanti punti di allerta. Andrea racconta di aver trovato il suo trade off nel pianificare traguardi importanti (lungo periodo) disegnando allo stesso tempo tutti i piccoli passi (breve periodo) da compiere per raggiungere il traguardo; dal suo racconto traspira una certa preferenza per il lavoro a lungo termine poiché questo impone di riflettere sul perché delle cose e di ricercare il confronto con gli altri (colleghi, amici, capi, collaboratori).
Dalla discussione emerge la definizione di equilibrio come uno “stato di benessere precario”, ed è bella perché ci fa riflettere proprio sul movimento, sulla necessità di non accontentarsi mai e di avere, sempre, la mente puntata a cosa succederà nel futuro, sia che si tratti di futuro a breve che a lungo termine. Così come l’assertività non è una via di mezzo tra remissione e aggressività, bensì una sintesi superiore, così l’equilibrio tra le due visioni non è una media di attività a breve e a lunga scadenza, ma un tipo di approccio, un modo diverso di vedere le cose e di lavorare per vederle realizzate.
È bella e significativa la battuta finale di Andrea che, quando gli viene chiesto se si senta meglio nell’attuale ruolo di Direttore Innovazione o nel precedente di Direttore Commerciale, risponde senza esitare che preferisce la posizione attuale. Poi fa una pausa e riprende dicendo che avrebbe risposto che si sentiva più a suo agio come Direttore Commerciale, se la domanda gli fosse stata posta quando ricopriva quel ruolo.
Questo perché è fermamente convinto che ognuno debba essere concentrato sul presente, senza perdere tempo nel guardarsi indietro, e che se si accetta una nuova sfida lo si deve fare in modo consapevole e ci si impegna fino in fondo nel portarla avanti con la giusta automotivazione.
Far-accadere-le-cose: che sia di breve o di lungo periodo, il nostro scopo deve essere sempre quello di portare le cose al compimento nel modo migliore che possiamo in quel momento, di dare concretezza alle buone idee, alternando azioni immediate a momenti di attesa e pianificazione più intensa.
Il manager in grado di trovare il giusto trade off tra breve e lungo periodo, di coniugare l’ossessione dei risultati con l’etica del modo di raggiungerli è colui che ha ordine nelle idee e nell’agenda e capacità di pensiero strategico e tattico ma allo stesso tempo è colui che lavora per lasciare il mondo migliore di come lo ha trovato, trattando gli altri nel modo in cui vorrebbe che fossero trattati i suoi figli.
Un manager così è colui che riduce le distanze tra sé e i propri collaboratori perché sa che rinunciando a qualcosa oggi otterrà molto di più domani, come insegnano le statistiche sulla produttività del personale negli ambienti di lavoro sani.